giovedì 1 febbraio 2007

Il giorno della memoria

Lo sterminio non fu follia, o un semplice incidente di percorso nella storia illuminata della civiltà occidentale.
Il genocidio non fu semplicemente un problema ebraico, o un evento specifico della storia ebraica.
Il genocidio fu pensato e messo in atto nell’ambito della nostra società razionale moderna, nello stadio avanzato della nostra civiltà e al culmine dello sviluppo culturale umano: ecco perché è un problema di tale società, della nostra civiltà e della nostra cultura.
Occorre rovesciare l’interpretazione del genocidio, e considerarlo non una ferita o una malattia della nostra civiltà, ma il suo prodotto più coerente.
Interpretarlo – al contrario - come pura razionalità, ovvero l’applicazione efficace dei mezzi rispetto ad un fine: il massacro di ebrei, rom, omosessuali.
Esistevano i ragionieri dello sterminio, coloro che tenevano i registri, che ordinavano lo zyklon b, che gestivano i trasporti: lo sterminio era una vera e propria industria, con l’imperativo – tutto moderno – dell’efficacia e dell’efficienza.
Il genocidio fu Hitler, ma fu soprattutto Eichman: ce lo ha insegnato Hannah Arendt, in tutti i suoi scritti, ne “La banalità del male”.
Lo sterminio fu un evento, paradossalmente, normale, il prodotto specifico dell’incontro tra le vecchie tensioni che la modernità aveva ignorato e mancato di risolvere, e i potenti strumenti di azione razionale ed efficiente creati dallo sviluppo della modernità stessa.
Ho la convinzione che l’esperienza dello sterminio contenga alcune informazioni di fondamentale importanza sulla società di cui siamo membri.

In qualunque epoca, chi lotta per affermare i diritti delle minoranze lotta per evitare che lo sterminio si ripeta, considerando lo sterminio una eventualità sempre possibile da evitare con la lotta per il progressivo ampliamento dei diritti di tutti i cittadini.
Chi, ancora oggi, si danna per perseguitare le minoranze, ebrei, immigrati, rom, omosessuali eccetera, chi li vorrebbe senza diritti, pura vita, si muove lungo il filo continuo elettrificato dalla logica dello sterminio.

Talmente immenso è stato lo sterminio degli ebrei che per molto tempo degli altri si è persa la memoria: e non è un caso che siano proprio i vari Centri di Documentazione ebraica a ricordare che se lo sterminio fu prevalentemente contro gli ebrei, altre furono le categorie perseguitate: gli oppositori politici, comunisti in primo luogo, gli omosessuali, i rom.

Furono 500000 i rom, i “figli del vento” sterminati nei lager, allo scopo dichiarato di sradicare l’istinto nomade, identificato dall’eugenetica paranoide fascista con il disordine, la trasgressione, la commistione del sangue e la degradazione del costume.
In un suo recente intervento Marcello Pezzetti, del Centro di documentazione ebraica Contemporanea di Milano, ci racconta di un episodio avvenuto nel campo di sterminio di Birkenau.
Venne deciso di liquidare il settore zingari nel maggio 1944. I circa 4000 rom sopravvissuti avrebbero dovuto essere avviati, in un solo colpo, alle camere a gas. E fu allora che avvenne l’incredibile: gli zingari resistettero. A mani nude, qualcuno armato del solo coltellino di latta improvvisato nelle baracche, contrastarono le SS. I pochi sopravvissuti raccontano che erano le madri in prima fila, a difendere con le unghie e con i denti i loro bambini. Fu – dice Pezzetti – qualcosa di straordinario. Qualcosa di cui si dovrebbe sempre parlare, una delle pochissime rivolte in un campo di sterminio.
L’annientamento, purtroppo, fu solo temporaneamente sospeso: due mesi e mezzo più tardi 2847 rom verranno passati per il camino nel crematorio n.5.
A fronte di questo, nonostante lo sterminio di 500.000 rom, nessuno di loro venne mai chiamato a testimoniare nei processi ai gerarchi nazisti, neppure a Norimberga. E quando in Germania alcun sopravvissuti si decisero a chiedere un risarcimento, questo fu loro negato con il pretesto che le persecuzioni subite non erano motivate da ragioni razziali ma dalla loro “asocialità”.
Noi siamo qui anche per colmare queste ingiustizie, e non solo per celebrare il giorno, il 27 gennaio 1945 in cui le truppe dell’Armata Rossa arrivarono ai cancelli di Auschwitz:
Le stesse truppe che, resistendo a Stalingrado, furono determinanti nella sconfitta del nazifascismo: fu la vittoria dell’umanità contro la barbarie.

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