In questi giorni militare in Rifondazione Comunista significa che chiunque può rivolgerti gli interrogativi più offensivi senza vergognarsene.
Vengono arrestate 15 persone – che per quanto mi riguarda restano tutte innocenti fino al terzo grado di giudizio – e anche tu divieni in qualche modo sospetto e sospettabile, se non altro di tacita collusione.
“Non mi dirai che sei d’accordo?”, è domanda ricorrente, quasi che tentare di interrogarsi sul perché di un fenomeno sia una pratica terroristica quanto lo sparare a dei professori in bicicletta.
Se provi a ragionare in termini di “permeabilità delle istituzioni” al conflitto, e alla necessità – per la stessa tenuta democratica – di rappresentare gli interessi “di tutti” (compresi quelli dei lavoratori), vi è chi sbrigativamente conclude con un “Ma allora vuoi pure giustificarli?”.
Non se ne esce, se non confidando nella medicina della partecipazione (che è alla luce del sole) come più efficace antidoto al terrorismo (che prospera nella clandestinità).
Ma anche questo è un discorso troppo complicato e difficilmente comprensibile per chi vuole solo una condanna e si accontenta di buttare via le chiavi della cella dopo averci rinchiuso i soliti mostri.
giovedì 15 febbraio 2007
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