venerdì 12 settembre 2008

Lasciate in pace i Rom

Qualcuno dovrà pur dire all'Italia che con la scomparsa della piccola Denise i Rom non c'entrano niente, che la bambina è già morta e che il colpevole è uno dei familiari.

IL DNA NON LASCIA DUBBI: NON E' DENISE
ROMA - Non è Denise la piccola segnalata a Kos. L'esame del Dna ha confermato che la donna albanese è effettivamente sua madre.

L'incontro nell'isola greca di Kos tra la turista italiana residente a Viterbo e la bambina di otto anni che, secondo l'italiana, somigliava a Denise Pipitone sarebbe avvenuto il 2 settembre scorso in una piazzetta del paese, dove la bimba passava buona parte della giornata a vendere braccialetti. Al momento dell'incontro però - si apprende da fonti dell'Interpol della Direzione centrale della polizia criminale diretta dal prefetto Nicola Cavaliere - la donna non ha avuto alcun sospetto.

E' stato solo quando è arrivata in Italia che, vedendo un manifesto della piccola Denise, si è ricordata di quella bambina che parlava italiano e che le somigliava. Una volta sporta denuncia, l'Interpol di Roma - che fin dall'inizio della vicenda sta lavorando in stretto collegamento con i colleghi greci - ha avviato le indagini. I poliziotti hanno seguito per qualche giorno i movimenti della bimba e due giorni fa hanno deciso di fermarla, assieme alla rom di origini albanesi che era spesso con lei e che, al momento del fermo, ha detto di essere sua madre.

martedì 9 settembre 2008

Nuccio Iovene e la "cultura di governo".

Ci sono pochi sostenitori pubblici di un nuovo soggetto di sinistra, possibilmente grande, radicato, unitario e plurale.
Io sono tra questi: non me ne vergogno, lo dico, mi confronto con altri compagni, tengo conto delle possibili obiezioni. Una mi sembra quella decisiva: tra la necessità di questo nuovo soggetto (che mi pare indubbia) ed il suo successo passa la realtà del presente, che non dà adito a molte speranze.
Tuttavia ho una certezza: eliminiamo il passaggio sulla "cultura di governo".
Mi sembra un passaggio piuttosto ambiguo: mi accontenterei che questo soggetto avesse una cultura, se di governo o meno lo decideremo poi.

Perchè stupirsi?

Vi sembrerà pure strano, ma quello che più mi risulta insostenibile, un fastidio quasi fisico, sono gli alti lai che si levano dagli scranni più istituzionali (si vedano Napolitano e Veltroni).
Ma davvero ci si stupisce di Ignazio La Russa?
Ecco Marco Revelli, che trova le parole giuste per dirlo:

"...Se il fascista La Russa può permettersi di usare, da quel podio, istituzionalmente, un linguaggio che negli ultimi anni aveva dovuto moderare e mascherare, se può dire quello che pensava e che pensa, è perché avverte che se lo può permettere. Che si sono abbassate le difese immunitarie del paese rispetto a quella retorica e a quelle argomentazioni. Che nel senso comune prevalente, la memoria di quegli eventi è ferita, neutralizzata, in ampia misura azzerata. Sembra che, interpellato, il ministro abbia risposto di "aver detto cose molto meno impegnative di quelle che disse Violante sui ragazzi di Salò, o di quello che ha detto lo stesso Veltroni".

Sul Manifesto di oggi.
Compratelo il Manifesto, compratelo..., che fa bene alla salute, quella mentale.

sabato 21 giugno 2008

E' scritto difficile

Si, è vero compagna, è scritto difficile, perché è la realtà che è difficile, e la realtà non ti consente scappatoie, o la comprendi tutta e per intero, nella sua complessità, o ti uccide.
Si compagna, è scritto difficile, ma non sentirti presa in giro, ci daremo insieme gli strumenti per capire questa difficoltà.
Si, è vero compagna, è scritto difficile, ma risposte semplici a processi complicati sono scorciatoie che si pagano duramente, col divenire dei tempi.

Non è per caso che io e te siamo scomparsi, ci siamo accontentati di risposte semplici.

giovedì 5 giugno 2008

sterili polemiche

il 14 aprile sera, nell'imminenza del disastro elettorale, ho ricevuto questa mail da alcuni compagni:

“È importante ripartire da ciò che siamo e vogliamo essere: comunisti.
Chi ostacolerà le modifiche disastrose alla Costituzione che voterà la destra? Chi si opporrà all’eliminazione del contratto nazionale del lavoro? Noi lo faremo, anche senza deputati e senatori. Affinché i lavoratori e le classi subalterne si liberino da un gretto bipolarismo che arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri, affinché sia di nuovo possibile dirsi contro la guerra e il capitalismo, ci impegneremo per la ormai inevitabile rinascita di un partito comunista in italia”.

Poiché queste compagne e questi compagni hanno aderito alla mozione Grassi-Ferrero che, cito testualmente, afferma:

“La proposta della Costituente di sinistra inoltre apre spazi
politici alla Costituente comunista, altrettanto sbagliata perché basata
esclusivamente sul piano ideologico, incapace quindi di avere respiro
programmatico e apertura ai movimenti, tali da incidere positivamente
sulla realtà.
Entrambi questi processi determinerebbero un terreno di
spaccatura strutturale del movimento e metterebbero in grave difficoltà
la costruzione di una sinistra e di una opposizione efficace”.

E’ schizofrenia?
O “tattica”?
Oppure qualcuno ci prende per il culo?

lunedì 12 maggio 2008

In galera

Non sono tra coloro che ritiene realisticamente ipotizzabile, nel breve periodo, la totale scomparsa del carcere.
Penso, nello stesso tempo, che sia una cosa buona e giusta operare quotidianamente per creare le condizioni (sociali e culturali) per il suo superamento.
Ognuno ha la libertà di impiegare il proprio tempo libero come meglio crede: qualcuno - a Verona - massacrando di botte un ragazzo colpevole di avere un aspetto troppo di sinistra.
Io ho altri gusti, meno neofascisti e più retrò.

Ritengo normale che una società si protegga dagli individui che in libertà si renderebbero protagonisti di omicidi, stupri ed altri delitti, e riconosco lo Stato come detentore legittimo del monopolio dell'uso della forza, che è giusto utilizzare per impedire crimini commessi da cittadini contro altri cittadini.
Il carcere va valutato in questo contesto, come strumento momentaneo di difesa dalla cattiveria.

Tuttavia sono all'opera determinati processi che, se non efficacemente compresi ed adeguatamente contrastati, rischiano di farci precipitare in una voragine di barbarie.
E' mia opinione che chi di fronte alla complessità del sociale si limita ad urlare "in galera in galera" in tutta evidenza non abbia mai avuto la sfortuna di trovarsi dalla parte sbagliata della toppa.
Oltre a peccare di empatia (qualità sempre più scarsa che se quotata sul mercato delle materie prime superebbe il prezzo del petrolio) questi individui hanno il merito di una condotta compiutamente irreprensibile, in un paese ove la fascia di ciò che viene considerato "reato" tende ad estendersi progressivamente.
E questo è uno dei primi aspetti del processo di cui sopra: condotte "non ortodosse" vengono derubricate come reati e chi le agisce è costretto ad entrare nel circuito penale, con tutto quello che ne deriva (l'etichetta, lo "stigma", la difficoltà conseguente a reinserirsi, a trovare lavoro, il sospetto preventivo anche nel circuito delle proprie amicizie, l'isolamento, l'accresciuta probabilità di mettere di nuovo in atto condotte "devianti").
Non è una buona società quella che incarcera chi si fuma uno spinello, e non è una buona società quella che mette in galera uno straniero perché privo di permesso di soggiorno: sono condotte che non procurano danni ad altre persone, non vi sono vittime, è per lo meno esagerato che si finisca dietro le sbarre (non è una pena commisurata al reato commesso semplicemente perché tali condotte non dovrebbero costituire reato).

Fermo restando il diritto di proteggersi e quindi di incarcerare chi si rende responsabile di atti criminali (specie se violenti), la buona società ha il dovere di operare perché il colpevole sia in seguito reinserito.
La pena è uno degli elementi - certo irrinunciabile - di un complesso di strumenti che deve essere tuttavia volto alla riabilitazione e al pieno reinserimento in società dell'individuo che ha compiuto un crimine, non deve avere il mero carattere di "vendetta" nei confronti del reo, pena lo spostare indietro le lancette della storia (e della civiltà) di qualche secolo.
La giustizia ha poco a che fare col giustizialismo, checché ne pensi Beppe Grillo, il giullare contrario alla pubblicazione dei redditi su internet.

Sulla scorta di ideologie che traggono la loro origine dai think thank più conservatori degli Stati Uniti nel valutare il fenomeno "crimine" si sono completamente persi di vista, negli ultimi decenni, i fattori sociali che possono aumentare (o diminuire) la probabilità che le persone si rendano responsabili di atti criminali.
Il delinquente, in parole povere, è considerato solo un delinquente, quello che ha fatto è solo colpa sua, si sbatta in carcere, si getti via la chiave, sia fatta così giustizia.
Chi si interroga sul perché quello specifico individuo abbia compiuto quello specifico crimine, e su cosa si sarebbe dovuto fare per evitarlo (oltre al delirio di videocamere e telecamere che ci perseguitano violando ogni possibile intimità senza servire a niente) nel migliore dei casi viene accusato di essere troppo buono, nel peggiore di offendere la memoria delle vittime.
Non è automatico, ma è molto probabile che l'estrema povertà e la miseria nel senso più ampio del termine (sia economica che culturale), siano dei buoni fertilizzanti per il terreno del crimine, e che sarebbe preferibile - per una società che abbia davvero cura di se stessa - aumentare il benessere dei cittadini come strumento efficace di prevenzione.

A tal riguardo studiosi come Loic Wacquant hanno bene messo in evidenza come vi sia un rapporto inversamente proporzionale tra "sociale" e "penale".
Il ragionamento fatto dallo studioso si basa sull'analisi della società americana, ma le conclusioni calzano perfettamente anche per il contesto europeo (che sembra provare, sia detto per inciso, un sottile piacere nell'importare da oltreoceano le caratteristiche più detestabili).
Parallelamente alla diminuzione delle risorse investite nel Welfare si è assistito negli Usa ad un progressivo aumento della popolazione carceraria, e Wacquant - a cui rimando - mostra con grande chiarezza come i due fenomeni siano intimamente correlati.
Pochi negli Stati Uniti hanno tratto da questo fenomeno qualche beneficio, tranne naturalmente i manager ed i principali azionisti delle aziende che si occupano di costruzione di nuovi penitenziari, uno dei business più remunerativi del terzo millennio.
A rimetterci le migliaia di persone - si noti bene in stragrande maggioranza appartenenti alle cosiddette "minoranze etniche" - che affollano oggi le carceri statunitensi e che forse, se adeguatamente supportate nei momenti di difficoltà, non avrebbero commesso alcun crimine (sempre se effettivamente colpevoli del reato loro contestato, dato il numero crescente di persone rimesse in libertà dopo anni di carcere perché riconosciute - tardivamente - innocenti).

In conclusione: sono stato (e resto) assolutamente favorevole alla promulgazione dell'indulto: lo ritengo uno dei pochi atti dignitosi assunti dal Parlamento nella precedente legislatura.
Sono convinto che la civiltà di un paese si misuri anche in rapporto allo stato delle proprie carceri: se è giusto che un individuo paghi per la colpa che ha commesso non è giusto che viva come un animale, costretto in celle sempre più affollate, in condizioni igieniche spesso spaventose, senza adeguata assistenza sanitaria.
L'indulto ha indubbiamente migliorato la qualità di vita nelle carceri italiane, il nostro paese ne ha guadagnato in civiltà, ogni sincero democratico dovrebbe rallegrarsene.

Non è pensabile che si "reagisca" all'eventuale aumento degli individui riconosciuti colpevoli di qualche reato con la costruzione di nuove carceri, perché si entrerebbe in un circolo vizioso.
Mi si perdoni la brutalità del paragone, ma avverrebbe quello che sta già accadendo nell'ambito del trattamento dei rifiuti.
Una volta che si sono sostenuti gli ingenti costi per la realizzazione di un termovalorizzatore si ha la necessità di farlo funzionare, ergo: si ha un continuo bisogno di quantità ingenti di rifiuti, pena la non profittabilità economica dell'investimento.
Si perde quindi la "convenienza" ad investire in politiche "alternative" tese ad aumentare, ad esempio, la quantità di raccolta differenziata, per provvedere al riciclaggio ed al riuso anziché all'incenerimento.
Con tutta la cautela di questo mondo, penso che l'analogia possa reggere: una volta che ho definito come reati comportamenti semplicemente "non ortodossi", una volta che ho - contemporaneamente - diminuito le risorse investite nel "sociale", constatato il cospicuo aumento del numero di persone condannate, investire nella costruzione di nuove carceri significa rendere le politiche alternative progressivamente meno convenienti, ed infine trattare il detenuto come una merce funzionale al perpetuarsi del sistema.
Non è un bel mondo quello che si annuncia, a noi decidere se insistere verso la catastrofe o recuperare il pò di umano che resta.

martedì 29 aprile 2008

Interrogativi angoscianti

Un lettore, tale Lenin, mi chiede:

"La domanda, in forma rozza, è: si può dire in testata di essere comunisti e poi sostenere che i comunisti non devono stare tutti nello stesso partito? Le cose non possono stare insieme. Si faccia una scelta di campo, prego".

Risposta semiseria: prima di stare nello stesso partito con Rizzo divento monarchico.
Il comunismo è una cosa seria, mica una macchietta.
Non posso rischiare un attacco fulminante di psoriasi, ci tengo troppo alla mia salute.
E poi ci si documenti, si leggiucchi qualcosa, tipo la storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi,i vari comunismi, eccetera..o siamo rimasti confinati a prima dell'ottavo congresso del Pci?

E poi, secondo te, compagno/a, Ingrao è comunista?
La Rossanda?
Tutti rinnegati?
Ma non avevamo capito che proprio quando si è profondamente insicuri della propria identità ci si rifugia dietro feticci e ricerche dei capri espiatori?
suvvia.....

lunedì 28 aprile 2008

E DAJE VELTRO'

Ce l'ha fatta, ce l'ha fatta, quest'uomo è un portento, prima che cominciasse a intramestare col partito democratico lui era Sindaco di Roma, c'era il Governo Prodi, la sinistra contava circa 150 parlamentari, poi è arrivato lui e:

abbiamo Berlusconi premier, la sinistra è scomparsa, ed Alemanno e la sua celtica sono i nuovi podestà di Roma.

E daje Veltroni.

domenica 20 aprile 2008

son tornato e sono minoranza

Sono minoranza anche nel Partito!
Anzi, a dire il vero, non lo so, ci capisco molto poco.
Ovvero: se sto con Ferrero sono per la Costituente Comunista (leggi fusione col Pdci) o no?
Se sto con Grassi sono per la Costituente Comunista o no?
Se vince Ferrero si va con Marco Rizzo, Diliberto e Nino Frosini, o no?
e Mantovani?
è più amico di Ferrero o di Grassi?

no, perché per me vanno bene tutti, da Vendola a Ferrero, basta non andare insieme al Pdci, per cui ho esaurito tutti i termini del turpiloquio.

in che mozione mi ritrovo?

martedì 15 aprile 2008

Alle compagne ed ai compagni, quelli veri.

Grazie, siete, siamo stati meravigliosi: abbiamo fatto un lavoro enorme, speso energie cavate dal profondo, gratuitamente, con enorme generosità, passione, amore per la sinistra, i cui principi riteniamo testardamente non negoziabili.
Non è servito a niente, è stato un disastro apocalittico, ridotti ad una presenza neppure testimoniale nelle istituzioni.
Peggio di così non poteva andare.

Ho pensato di dimettermi, in fin dei conti faccio parte anche io di un gruppo dirigente, seppure a livello locale.
Stanotte non ho mai dormito, sono stanco, distrutto, a pezzi.

Sarà durissima.

Ma io non mi arrendo, non ho niente di cui vergognarmi né rimproverarmi, come tutti voi, uno per uno, ed i destinatari di questa mail non sono stati scelti a caso.
Altri dovranno interrogarsi sul proprio agire, altri ancora sul loro non agire, e sull'averci abbandonati.

Siamo ancora vivi: non è finita qui.

Vi abbraccio tutte e tutti, mi viene da piangere e non me ne vergogno, ciao, vi voglio bene

un voto utile

..giusto giusto per farci scomparire.

lunedì 14 aprile 2008

Cessato

L'arrabbiato cessa le proprie argomentate invettive e si ritira sul Monte Athos.

sabato 12 aprile 2008

Confessioni

Me lo ha confessato alle 23.49, tirando su col naso, e fumando nervosamente una sigaretta: "mi dispiace, ma voterò Veltroni, perché il mio voto deve servire a qualcosa".
Ho respirato profondamente, pensando che era incivile darle una pedata, poi ho cinicamente replicato che esisteva anche il voto disgiunto, e bla bla bla.

A questo siamo ridotti.

Sarà un'ecatombe.
Buonanotte, forse mi ritiro a vita privata.

martedì 8 aprile 2008

il processo irreversibile

Si dice che il processo dell'unità a sinistra sia irreversibile.
Vi confesso una grande verità: non è vero.
Molto dipenderà dal risultato elettorale. Se La Sinistra L'Arcobaleno andrà male (sotto l'8%) inizieranno i distinguo.
Se andrà malissimo (intorno al 6 o sotto) il processo irreversibile sarà terminato ancora prima di nascere.

Se invece queste elezioni andassero bene potremmo fare a meno di Marco Rizzo per tutta la vita.

domenica 9 marzo 2008

ANTICLERICALE

Sono battezzato, comunicato e cresimato, perché mi piace sbagliare in serie, ripetutamente, senza alcuna giustificazione.
Tuttavia, grazie a questa catena impressionante di errori, a termini di Legge faccio parte della Chiesa (intesa naturalmente come comunità di fedeli e non come gerarchia), per cui posso dedicarmi allo sport che in assoluto preferisco: sputare nel piatto dove mangio (meglio, dove ho mangiato).

Da piccolo ho fatto il chierichetto, ho servito messa e sono andato pure col prete a benedire le case.
Ho smesso quando il prete invece di premiarmi con le solite duemila lire, che dissipavo gioiosamente andando di corsa a comprarmi le figurine Panini, mi dette un libercolo che raccontava le improbabili avventure di due fratellini, separati alla nascita da un destino cinico e baro, ma che grazie alla fede si sarebbero ritrovati nella maturità, pii, casti e puri come appena venuti al mondo.
Roba inverosimile più dei racconti di fantascienza di Asimov (quelli si che valeva la pena leggerli), e che dette uno dei primi colpi alla mia fede già traballante.
Però confesso: tenevo l'acquasantiera solo per i soldi, e l'esempio me lo dava il prete stesso che amava trattenersi a parlare a lungo con i padroni delle ville piuttosto che con i poveri disgraziati delle case popolari, che tentava di liquidare con un'avemaria biascicata in fretta.
Le buste che i primi gli porgevano al termine del rito erano sempre molto gonfie, gli altri rompevano i coglioni con i racconti delle loro disgrazie.
Che si quietassero, in fondo la loro terrena sofferenza era un buon viatico per il paradiso.

In occasione della mia cresima i miei genitori avevano scelto come padrino mio nonno materno, che di nome faceva Faliero. Era un vecchio democristiano, credente e praticante, uomo di notevole bontà, che però aveva il difetto di essersi sposato tre volte: morta la prima moglie, divorziato dalla seconda, sposata una terza.
Il parroco reazionario molto attaccato ai soldi di cui sopra, che tutti i parrocchiani dicevano sottovoce che avesse pure un figlio, e che dal pulpito in tempo di elezioni invece che pensare al vangelo si dedicava ad appassionati sermoni anticomunisti, espresse il suo niet.
E così al posto di mio nonno Faliero, al quale mia madre fu costretta a raccontare una fandonia per evitargli un sicuro dispiacere (e dire bugie è peccato), come padrino arrivò l'altro mio nonno, che di nome faceva Varese.
Buono, generoso, cattolico e comunista, fatto che dalle nostre parti - nonostante i preti - non necessariamente era vissuto come una contraddizione.
Di tanto in tanto guardo le foto di quel giorno: ho il volto sbarazzino da adolescente dispettoso, mio nonno invece è serio, elegante e composto, sembra un attore americano.
Spicca sul prete, che invece appare quello che è, e non è un bel vedere.

Ho un cugino fiorentino che è battezzato, ma non è comunicato perché non sopportava più le lezioni di catechismo, ed era molto più attratto - nonostante la tenerissima età - dalle vicissitudini intorno al teorema di Poincarè (illustre matematico).
Un bel giorno disse: non ci vado più, e nessuno in famiglia ebbe da ridire.
In occasione del funerale di sua madre, la mia cara zia morta troppo giovane, si è alzato, ha fatto la fila, ed ha ingoiato l'ostia.
Qualche tempo dopo gli ho chiesto perché lo avesse fatto.
Mi ha risposto che non c'era bisogno di un certificato per partecipare al corpo di Cristo, e che Dio non si sarebbe certo dispiaciuto del suo gesto.
Ho trovato molta più fede in questa sua frase che in tutti i sermoni di Ratzinger o tutti i documenti della Conferenza Episcopale, a cui interessano evidentemente altre questioni: far soffrire come una bestia e fino in fondo un malato terminale ridotto a una larva perchè così a dio piace, o condannare i gay perchè "contronatura", o le donne che decidono di abortire perché omicide come il boia che esegue una condanna a morte.

Un teologo progressista ha dichiarato: mi risulta che il vangelo non si occupi di preservativi.
Spero che faccia carriera e che diventi Papa, ma non ci scommetterei su neppure un euro.

Il circolo parrocchiale del mio paese è formato per tre quarti da persone di destra, bigotte, reazionarie e razziste, ricche da fare schifo, e per un quarto da poveri diavoli che non contano un cazzo.
Ho scorso proprio ora i nomi e mi è venuto da sorridere amaramente: il mondo cambia vorticosamente ma la chiesa rimane sempre uguale a se stessa, ipocrita come i suoi rappresentanti.
Di tanto in tanto uno di questi cittadini esemplari sfoga la propria cattiveria sui giornali: o prendendosela con gli "extracomunitari" che "dequalificano" il centro storico con la loro presenza (e a cui vanno tutte le case popolari rubandole agli italiani), o protestando perché alle scuole elementari non hanno allestito il tradizionale presepe (ed è sempre colpa degli "extracomunitari" che attentano alla nostra identità, alle nostre tradizioni, ai nostri immutabili riti).
Conservo gelosamente questi articoli fetidi, scritti da persone altrettanto fetide che pretenderebbero di farci la morale, pensando di raccogliere in bocca il punto di vista di dio.
"E invece brucerete all'inferno", penso, e continuo a sorridere.

In molti mi definiscono anticlericale, e non ho difficoltà a dare loro ragione, se per anticlericale si intende chi detesta questo Papa e queste gerarchie vaticane, e chi considera lucidamente la Chiesa per quella che è oggi: una potente organizzazione utile a perpetuare ciò che esiste, diseguaglianze ed ingiustizie intollerabili comprese, che ha represso duramente - e con successo - il dissenso al suo interno (vedi la teologia della liberazione).

Credo che gli uomini possano liberarsi senza ricorrere alla chiesa o a dio, lottando insieme per migliorare le loro condizioni qui sulla terra ed accettando con la massima serenità possibile la realtà della finitezza della propria esistenza.
Per essere giusti non occorrono preti o vescovi o cardinali, basterebbe seguire (e a volte è faticoso) una massima semplice semplice: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.
Tutto il resto, in definitiva, è inutile.
E alcune volte pure dannoso.

venerdì 7 marzo 2008

Walter Veltroni è una vera merda, part one.

"La lotta di classe fotografa una fase storica dell'Italia che non c'è più, perché esiste una comunanza di destino fra gli imprenditori e i lavoratori".

Veltroni Walter

p.s.: nel ventennio fascista c'erano le corporazioni: il nuovo puzza di molto vecchio.
anzi, puzza di merda.

domenica 2 marzo 2008

Lettere di ingiurie

"La difficoltà nelle lettere di ingiurie non può essere stilistica; l'unica cosa difficile è essere sicuri di avere il diritto di scriverle a certi precisi corrispondenti. Non devono mai essere ingiuste".

Guy Debord

giovedì 14 febbraio 2008

Lettera a Ramon (Mantovani)

Caro Ramon,
forse mi sbaglio poichè non ho molte certezze, ma penso che se continuiamo così ci faranno a fettine, e saremo ridotti ad elemosinare qualcosa di sinistra dal Partito Democratico. Le persone in carne e ossa, la stragrande maggioranza delle quali non ha la tessera di un partito in tasca, questi nostri sconvolgimenti non arrivano a comprenderli. Penso che vorrebbero semplicemente un partito di sinistra in grado, con la propria forza, di modificare in meglio la loro esistenza. E si è forti solo se siamo uniti, e in tanti.
Io la penso come Ingrao, e pur militando orgogliosamente in un piccolo partito come il nostro, sono consapevole che in politica contano i grandi numeri: o si tenta faticosamente di arrivarci, oppure va bene così, che ognuno giochi la sua partita e vada come deve andare.
Ovvero a schifio, per noi e per il nostro popolo.

Dovrebbe essere tutto diverso.
Ci vorrebbe un briciolo di entusiasmo, vivere la sfida di costruire un soggetto più grande radicato nei valori della sinistra e sfidare - con le nostre buone ragioni - il Partito Democratico e la Destra.
Ma ci vorrebbe, insisto, tutto un altro spirito.
Che non vedo, e per questo sono molto, molto preoccupato.
Siamo ed appariamo come siamo: tristi da fare spavento, e puzziamo da lontano di sconfitta.

Ma al pessimismo della ragione occorre opporre l'ottimismo della volontà.
Per questo io farò campagna elettorale, e andrò a raccattare voti su quello schizzo di vernice multicolor con su scritto La Sinistra-L'Arcobaleno, sperando di convincere molte compagne e molti compagni che in questi sessanta giorni questo è ciò che dovremmo fare.
Continuando a rispettarli se la loro decisione sarà diversa.

Un abbraccio

domenica 10 febbraio 2008

Storia di M. lavoratrice ad alta qualificazione

M. ha 36 anni, è laureata a pieni voti e lavora da dieci anni in una importante azienda dell'Italia centrale, dove ricopre un incarico dirigenziale. E' sposata e madre e di due figli.
Viene contattata dal capo del personale per un colloquio, al quale giunge puntuale.
Dopo mezzora di anticamera viene ricevuta, ed il capo del personale, sorridendo affabilmente, le dice che l'azienda ha deciso di investire su di lei: sarà trasferita a cento chilometri da casa e diventerà responsabile di una unità operativa di quattro persone.
M. chiede se è prevista per lei la promozione che attende da anni (da capoufficio a quadro), il capo del personale, mostrando i primi segni di disagio, le risponde che l'azienda non le deve alcuna promozione, in quanto la promozione sta nel fatto che da viceresponsabile di unità operativa diventerà responsabile.
M. non chiede tempo per prendere una decisione, risponde semplicemente che lei non ci sta, che trovino qualcun'altro al posto suo perché lei non è interessata.
Il capo del personale smette di sorridere: "non sarà così semplice, signora".
M. chiede spiegazioni.
"Significa che l'azienda non ha certo difficoltà a trovare qualcun'altro al posto suo; abbiamo una fila di nomi - e le mostra un foglio di carta con tanti nomi e tanti cognomi - però se lei rifiuta può stare sicura che la sua carriera finisce qui. Il suo nome sarà segnato, si può scordare qualsiasi avanzamento o promozione. E non creda di poter continuare a lavorare, come ha fatto sino ad oggi, a cinque chilometri da casa. Il contratto ci consente comunque di trasferirla entro trenta chilometri dalla precedente destinazione senza il suo consenso. Può andare, mi faccia sapere se cambia idea. Entro ventiquattrore".
M. esce sconvolta: non intende informare i sindacati di quanto è accaduto - perché non vuole peggiorare la sua situazione - si limita a sfogarsi con gli amici e le amiche, e attende le ripercussioni della sua scelta.


Le meraviglie della società moderna, le meraviglie della società flessibile.

giovedì 7 febbraio 2008

Serrare le fila, unire gli sforzi

Chiunque non condivida l'idea di creare un soggetto unitario della sinistra che sia in grado non dico di competere con il Partito Democratico o con Berlusconi ma di assicurare il minimo vitale alla sinistra, è pregato di rispondermi in modo che il sottoscritto non lo importuni ancora.
Mi scuso in anticipo, ma questo post è indirizzato soltanto a chi con il Partito Democratico non ha niente da spartire, visto che si tratta di una sorta di "serrate le fila" a sinistra per ridurre l'apocalisse prossima ventura.
Mi scriva subito chi in cuor suo sa che alla fin fine andrà a votare per il Partito Democratico, perché tanto la sinistra non si unirà mai, perché ormai i sogni sono finiti e le utopie tramontate, perché il voto deve essere utile e quindi si deve votare Veltroni (che è l'unico che può battere Berlusconi, quindi è il male minore) ed altre amenità del genere.
Non voglio offendere nessuno, tutte le scelte sono legittime, ma quando chiamo compagno o compagna una persona vorrei esserne sicuro.

La decisione di Veltroni di correre da solo è in linea con il personaggio: se ne sbatte completamente dei destini dell'Italia che lascerà in balia delle orde clerico-fasciste capeggiate da sua emittenza, per consolidare l'identità del partito democratico.
In parole povere, prenderà il 4 forse il 5% in più rispetto a quanto il Pd prenderebbe se partecipasse alle elezioni in coalizione con La Sinistra (almeno questo è il mantra ripetuto dai sondaggi).
Ma questo non è l'unico motivo, perché si tratta solo e soltanto di un aspetto contingente.
In realtà Veltroni non si allea con la sinistra perché ritiene la sinistra del tutto superata: rifondazione, i verdi, il pdci, sinistra democratica, le tante associazioni, la galassia di militanti senza tessere in tasca ma con il cuore a sinistra, sono lucidamente individuati come zavorre di cui liberarsi, residui inopportuni ed antistorici.
Eccedenze improduttive.

Gli esempi sono molteplici, uno per tutti: il Partito Democratico non si allea con chi "contesta" le "missioni di pace" all'estero.
Cosa in realtà siano queste missioni di pace (in Afghanistan come in Irak) è sotto gli occhi di tutti coloro che ce li hanno ancora aperti e non sono del tutto rincoglioniti da questa informazione-immondizia che i telegiornali (senza alcuna distinzione, compreso il Tg3) ci propalano ogni giorno, tra un soffietto per Veltroni, uno per Berlusconi, e l'immancabile collegamento con il Vaticano che ci dice per chi dobbiamo votare, come dobbiamo fare l'amore, e che in fin dei conti se c'è stata moratoria per la pena di morte ci deve essere anche per l'aborto (visto che in definitiva tra il boia ed una donna che tra mille sofferenze decide di non far nascere una creatura non vi sono sostanziali differenze).

A questo dobbiamo reagire, parlo come donne ed uomini di sinistra. Occorre uscire dall'angolo dove ci hanno messo e ci siamo anche messi da soli, anteponendo - alcune volte - miseri interessi di bottega ad un progetto più complessivo e di più ampio respiro.
Lo strumento è sempre il solito, ci piaccia o meno: la politica, intesa come agire consapevole ed organizzato di un gruppo di persone intorno ad un obiettivo comune. Nel nostro caso, in questo preciso momento storico, la sopravvivenza della sinistra, dei suoi principi e valori di riferimento, nel paese, nelle istituzioni. Per mantenere viva la prospettiva e la possibilità di un cambiamento, per non arrendersi a ciò che esiste.

Per questo ritengo necessario, nei prossimi due mesi più che mai, un lavoro comune fatto di mail girate a centinaia di persone, volantinaggi, iniziative pubbliche, dialoghi vis a vis con potenziali elettori, interventi sui quotidiani locali, insomma: tutto l'armamentario storico dell'agire a sinistra con le necessarie innovazioni per stare al passo con i tempi (senza svendere la propria identità).

Fatevi vive e vivi, nel vero senso della parola.

mercoledì 6 febbraio 2008

Flessibili da morire

"La sicurezza nei luoghi di lavoro è compromessa dai lavori flessibili, in specie quelli implicanti contratti di breve durata, perché le imprese non hanno alcun incentivo a investire nella formazione alla sicurezza di lavoratori che nel volgere di poche settimane o mesi non saranno più alle loro dipendenze. Quanto ai lavoratori, essi non hanno né il tempo per apprendere i codici della sicurezza nell'impresa dove saranno occupati per breve tempo né la motivazione a farlo.
Un altro aspetto è stato ripetutamente richiamato da ricerche svolte in diversi paesi. Chi lavora con un contratto atipico inclina a ridurre le attenzioni per la propria salute. Pospone, ad esempio, l'opportunità di sottoporsi a una visita medica alla necessità di essere presente sul posto di lavoro, sperando così di accrescere, o almeno non diminuire, la probabilità di vedersi rinnovato il contratto che sta per scadere".

Luciano Gallino, "Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità", Laterza, 2007.

La strage infinita

Ultime dall'ansa, esplode una fabbrica di fuochi di artificio, quattro operai morti.
E' una mattanza, e c'è chi in Italia ha il coraggio di affermare che il problema sono le donne e gli uomini che difendono la 194.
A quando la consapevolezza che solo ri-mettendo al centro gli uomini e le donne con i loro bisogni ed i loro diritti (uno fra tutti quello ad un lavoro ed un reddito stabile) piuttosto che "le esigenze dell'impresa e del mercato" riusciremo a rendere questa società un luogo più vivibile?

Qui non si tratta - ormai - né di socialismo né di comunismo, quanto di conservazione di un minimo di buon senso.

Alla stampa: con preghiera di pubblicazione

Ritengo che questo difficile momento politico - segnato dalla caduta del governo Prodi a causa degli "estremisti di centro" Mastella e Dini e dalle conseguenti elezioni anticipate - debba essere affrontato dalla Sinistra in modo unitario.
La decisione del Partito Democratico di correre da solo e di facilitare - probabilmente - la vittoria di Berlusconi reclama la nostra unità.
Il nuovo soggetto della Sinistra non deve essere una semplice sommatoria di tante piccole forze ed apparati: deve andare oltre.
Ciò che già esiste a sinistra è necessario ma non è più sufficiente.
C'è il bisogno di un soggetto unitario che sia cementato da un intenso lavoro comune, che coinvolga uomini e donne che si sentono di sinistra e che abbiano il desiderio e la voglia di mettere a disposizione parte del proprio tempo per rafforzare, nella società, i valori ed i principi propri della sinistra.
Una sinistra profondamente laica, libertaria, pacifista, che metta al centro del proprio agire il riferimento prioritario ai soggetti più deboli (lavoratori, precari, migranti), che si opponga con decisione ai processi di privatizzazione dei servizi pubblici essenziali (la gestione del servizio idrico ad esempio), che rifiuti la logica dello scontro tra civiltà, che consideri ancora l'antifascismo un riferimento prioritario ed imprescindibile: una sinistra che consideri la pluralità delle culture che la compongono una ricchezza e non un ostacolo.
Dobbiamo tuttavia compiere un salto di qualità.
Non sono più comprensibili ulteriori rallentamenti: il nostro popolo non comprenderebbe.
Vi è una grande richiesta di unità che dobbiamo affrettarci a cogliere, pena la nostra irrilevanza, nel paese e nelle istituzioni.
Si dia perciò nuovo impulso alla Sinistra L'Arcobaleno nella zona del Cuoio, si costruiscano insieme iniziative e momenti di confronto pubblico, a Santa Croce sull'Arno, come a Castelfranco o a San Miniato, si affronti insieme questa difficile ed appassionante campagna elettorale.
Si gettino infine le basi per costruire un nuovo soggetto, radicato nei territori, partecipato da un gran numero di persone, compiutamente di massa e perciò determinante.

giovedì 31 gennaio 2008

Incomprensibile

Che non si sia ancora compreso che o si unisce la sinistra o ci spazzeranno via mi sembra onestamente incomprensibile.
Da rimanere senza parole.
C'è chi dice che vuole farlo e poi con la scusa della falce e martello dà il via libera al partito democratico delle libertà veltronianberlusconiano.
Parlano come Lenin, agiscono come Saragat.

Se qualcuno pensa che mi riferisca al Pdci e a Diliberto ha ragione.